Cambiava vita come cambiava scarpe.
Sceglieva sempre quelle degli altri.
Ogni volta si convinceva fossero le sue.
Finalmente quelle giuste, pensava.
Il tempo di indossarle meglio,
un paio di giorni e tutte lo tradivano.
Come un arto trapiantato,
i suoi piedi le rigettavano.
Piedi doloranti e schiena a pezzi.
Un senso di disagio.
Continuo, profondo, lancinante.
Le dita sanguinavano,
i calli crescevano.
Come il suo bisogno
di essere altro.
Tolse le calze e si guardò i piedi.
Magri, un po' arcuati,
uno più lungo dell'altro.
Iniziò a camminare scalzo,
come da bambino, sulla sabbia.
Ogni impronta una radiografia di sè.
Una serie di dettagliati autoritratti.
Conobbe Ulisse, un vecchio calzolaio
a cui raccontò delle scarpe degli altri.
Storie che aveva già sentito,
volte e più volte.
Poi gli mostrò i suoi calli,
infine quegli autoritratti.
Insieme costruirono
le sue nuove scarpe.
Imperfette, ma sue.
Poi gli insegnò a risuolarle,
per l'estate e per l'inverno.
Ad allargarle e a stringerle.
Per adattarsi a sè.
Foto e testi di Andrea Dell'Orto